Cosa: Da Aglianico e Piedirosso
Perché: Perché colpisce dritto al cuore
Perfetto con: Ragù napoletano a cottura lenta, scamorza affumicata alla brace. Burger vegetale di lenticchie e funghi
Cosa: Da Aglianico e Piedirosso
Perché: Perché colpisce dritto al cuore
Perfetto con: Ragù napoletano a cottura lenta, scamorza affumicata alla brace. Burger vegetale di lenticchie e funghi
Italia
Imbottigliato all'origine dalla Cantina Vinosia di Luciano Ercolino- C.da Nocelleto Paternopoli (Av), 83052 Italia
Tra i resti della colonia romana di?Abellinum ad Atripalda, c’è un terreno vulcanico?calcareo che oggi nutre le migliori viti di Aglianico e Piedirosso. Quel suolo antico è la scintilla che accende Le?Sorbole, un rosso campano capace di parlare al presente con un passato di oltre duemila anni alle spalle. Ci troviamo in Irpinia, un mosaico di colline che vanno dai 300?ai?450?metri sul livello del mare, attraversate dal fiume Sabato e difese dall’Appennino. Un luogo magico per la produzione di vini di carattere. Non stupisce che nel Medioevo il vino d’Irpinia fosse già merce ambita sulle rotte che collegavano Napoli con l’entroterra. Blend particolare, questo vino è figlio di 90%?Aglianico e 10%?Piedirosso. L’Aglianico, spesso definito come il “Barolo del Sud”, fornisce struttura, tannino e note di prugna e liquirizia. Il Piedirosso, o Per’e?Palummo perché il raspo rosso ricorda la zampa del piccione, alleggerisce il sorso con ciliegie fresche e tocchi floreali. Insieme danno vita a un rosso che “ha una marcia in più” senza perdere bevibilità. Le uve, coltivate su pendii argillo?calcarei a circa 350?400?metri, sono raccolte a mano a ottobre. Segue una macerazione di dieci giorni in acciaio con lieviti autoctoni e completa fermentazione malolattica. Il vino affina quindi tre mesi in vasche d’acciaio per preservare il frutto prima dell’imbottigliamento. Nel calice rivela un bel colore rubino profondo dai riflessi granato. Il bouquet apre su mora selvatica, scorza di arancia sanguinella e sottobosco, poi vira verso tabacco dolce e liquirizia. Il sorso è polposo, animato da tannini vivaci ma levigati. Il finale è succoso, di buona persistenza. Colpisce dritto al cuore. Esalta un ragù napoletano a cottura lenta, accende la sapidità di una scamorza affumicata alla brace. Per i sostenitori della cucina VEG, da provare anche con un burger vegetale di lenticchie e funghi, dove le note terrose si specchiano nei toni di sottobosco del vino.
Quando parli di Vinosìa non stai semplicemente citando una cantina irpina: stai evocando l’anima stessa di questo angolo montuoso della Campania. Qui i suoli vulcanici, i boschi di castagno e le forti escursioni termiche danno vita a vini di carattere inconfondibile. Fondata ufficialmente all'inizio degli anni 2000 dai fratelli Mario e Luciano?Ercolino, già noti per aver contribuito al successo di Feudi?di?San?Gregorio, l’azienda nasce dal desiderio di “fare vino a modo nostro”, puntando solo su vitigni autoctoni e su pratiche moderne ma rispettose dell’ambiente.?Il quartier generale è a Paternopoli, nel cuore, a pochi chilometri dal borgo di Luogosano. Qui, su 20?ettari di vigneti arrampicati tra i 380 e i 550?metri sul livello del mare, l’Aglianico regna sovrano accanto a Fiano, Greco e Falanghina. Ma Vinosìa non si ferma all’Irpinia: grazie a parcelle in Salento, gestite in collaborazione con la tenuta Emera, esplora anche il volto mediterraneo di Negroamaro e Primitivo, offrendo così una doppia lettura del Sud Italia, tra altitudine e brezza marina.?La cantina, semi?interrata e disegnata dall’architetto Alessandro?Di?Blasi, sembra scolpita nella collina: soluzione che garantisce temperatura costante, risparmio energetico e un colpo d’occhio che fonde architettura e paesaggio senza forzature. Vinosìa ha fatto della sostenibilità un pilastro della sua attività, grazie all'installazione di pannelli fotovoltaici, al recupero delle acque di lavaggio e a un sistema di coibentazione che taglia circa 60?tonnellate di CO? l’anno. In vigna si prediligono pratiche a basso impatto, con sovesci e minimi trattamenti chimici, mentre in cantina si lavora con lieviti indigeni selezionati in parcella e micro?ossigenazione dolce in barrique di rovere francese, rinnovate con criterio per evitare eccessi di legno.
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