Cosa: La Falanghina di Paternopoli
Perché: Per il sorso scorrevole e vibrante
Perfetto con: Insalata di mare, risotto agli asparagi, mozzarella di bufala
Cosa: La Falanghina di Paternopoli
Perché: Per il sorso scorrevole e vibrante
Perfetto con: Insalata di mare, risotto agli asparagi, mozzarella di bufala
Italia
Imbottigliato all'origine dalla Cantina Vinosia di Luciano Ercolino- C.da Nocelleto Paternopoli (Av), 83052 Italia
Avete presente quei profumi che fanno pensare subito al sole? Le Sorbole, Falanghina di Vinosia è proprio così: un bianco che già al primo sorso sa mettere di buonumore. Perché la sua freschezza non è solo una questione di temperatura: è una vera espressione del territorio da cui proviene. Ci troviamo a Paternopoli, cuore verde dell’Irpinia, un’area collinare nel sud della Campania che non smette di sorprendere chi cerca vini bianchi con carattere. Qui l’altitudine si aggira intorno ai 500 metri sul livello del mare, e l’escursione termica tra giorno e notte è netta. Ideale per sviluppare aromi intensi e mantenere una freschezza naturale. I suoli, ricchi di argille e ceneri vulcaniche, aiutano a trattenere l’acqua e a donare una spinta minerale che si ritrova chiaramente nel bicchiere. La Falanghina è uno dei vitigni più antichi del Sud Italia. Era già coltivata ai tempi dei Romani e, dopo un periodo di oblio nel Novecento, è oggi tornata a essere una protagonista della nuova viticoltura campana. Falanghina in purezza, dopo una raccolta accurata, le uve vengono pigiate in modo soffice e lasciate macerare per circa 12 ore a bassa temperatura, tra gli 8 e i 10 gradi, per estrarre profumi delicati ma intensi. Seguono pressatura, chiarifica e fermentazione a temperatura controllata con lieviti selezionati. Tutto avviene in acciaio, per preservare al massimo la freschezza e la componente aromatica. Nel calice si presenta di un colore giallo paglierino brillante. Al naso è un’esplosione di fiori bianchi, ananas, lime e un accenno di salvia. In bocca è scorrevole e vibrante: l’acidità tiene alta l’attenzione, la struttura è snella ma presente. Il finale regala una nota sapida che invita subito a un altro sorso. Da provare, oltre che con pesce e crostacei, con una mozzarella di bufala ben fredda: un’accoppiata tutta campana che funziona a meraviglia.
Quando parli di Vinosìa non stai semplicemente citando una cantina irpina: stai evocando l’anima stessa di questo angolo montuoso della Campania. Qui i suoli vulcanici, i boschi di castagno e le forti escursioni termiche danno vita a vini di carattere inconfondibile. Fondata ufficialmente all'inizio degli anni 2000 dai fratelli Mario e Luciano?Ercolino, già noti per aver contribuito al successo di Feudi?di?San?Gregorio, l’azienda nasce dal desiderio di “fare vino a modo nostro”, puntando solo su vitigni autoctoni e su pratiche moderne ma rispettose dell’ambiente.?Il quartier generale è a Paternopoli, nel cuore, a pochi chilometri dal borgo di Luogosano. Qui, su 20?ettari di vigneti arrampicati tra i 380 e i 550?metri sul livello del mare, l’Aglianico regna sovrano accanto a Fiano, Greco e Falanghina. Ma Vinosìa non si ferma all’Irpinia: grazie a parcelle in Salento, gestite in collaborazione con la tenuta Emera, esplora anche il volto mediterraneo di Negroamaro e Primitivo, offrendo così una doppia lettura del Sud Italia, tra altitudine e brezza marina.?La cantina, semi?interrata e disegnata dall’architetto Alessandro?Di?Blasi, sembra scolpita nella collina: soluzione che garantisce temperatura costante, risparmio energetico e un colpo d’occhio che fonde architettura e paesaggio senza forzature. Vinosìa ha fatto della sostenibilità un pilastro della sua attività, grazie all'installazione di pannelli fotovoltaici, al recupero delle acque di lavaggio e a un sistema di coibentazione che taglia circa 60?tonnellate di CO? l’anno. In vigna si prediligono pratiche a basso impatto, con sovesci e minimi trattamenti chimici, mentre in cantina si lavora con lieviti indigeni selezionati in parcella e micro?ossigenazione dolce in barrique di rovere francese, rinnovate con criterio per evitare eccessi di legno.
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